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#Bella Roccaforte
sfiorisce · 1 year
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Ottobre 2021:
Avevo appena finito di seguire una lezione e stavo osservando il cortile dell’università da una finestra, là fuori proprio su uno dei tavolini, infatti, B. e N. giocavano a scacchi. 
Scrissi un messaggio a B. per avvisarlo che avevo finito, lui vide il messaggio e alzò lo sguardo per cercarmi, non appena gli feci un cenno e lui si accorse di me, notai subito la sua solita espressione emozionata e contenta, mi ricordo ancora che prese lo zaino e letteralmente si mise a correre per raggiungermi.
“B. non c’era bisogno di correre, non ho fretta”
“Lo so, correvo perché avevo voglia di vederti”.
Ho rivisto quella stessa espressione, identica, il giorno in cui ci siamo incontrati.
Io ero seduta sulla panchina sotto al cedro e lui era appena uscito dall’ufficio, appena si è accorto di me ho rivisto in lui proprio l’espressione che ricordavo e che mi ha riportato a quel giorno di Ottobre. 
Il ricordo è stato né più né meno pari ad una pugnalata, ho abbassato lo sguardo per non continuare a guardarlo mentre si avvicinava.
L’ho osservato poi per tutto il tempo in cui ha parlato e 42 minuti sono sembrati 10 secondi.
Il giorno precedente la professoressa mi aveva chiesto quanti esami mi mancassero, per un attimo ho esitato perché già potevo prevedere la sua risposta, previsione che poi si è avverata:
“Ah ma che coincidenza, a B. mancavano proprio gli stessi esami, situazione identica alla tua”
Una coincidenza? Proprio per niente.
Se dovessi descrivere con un’immagine i due anni con lui penso ad un paesaggio innevato, con una bufera di neve che mi tormenta. 
B. cammina davanti a me e ogni passo che fa lascia un’impronta sulla neve, io, dietro di lui, lo seguo fissando le sue impronte a terra per fare i suoi stessi passi, i miei piedi si posizionano perfettamente nello spazio dove poco prima c’erano stati i suoi e sto attenta a non fuoriuscire nemmeno di 1 cm.
Lui tende la mano destra verso di me ed io gliela stringo, con la sinistra mi indica la nostra meta, nel frattempo ogni tanto si volta verso di me per dirmi, sempre sorridente “ci siamo quasi, andrà tutto bene”.
Non era solo, banalmente, il mio ragazzo, era mio fratello, mio amico, mio padre, è stato tutto quello che ho avuto in quel periodo e per me tutto quello che mi diceva era oro colato.
Mi ha aiutato per alcuni esami e mi ha suggerito in quale ordine darli per potermi laureare ad Ottobre, sulla base di come lui stesso si era organizzato l’anno precedente per laurearsi, quando? Ad Ottobre.
Entrambi a Bologna, laureati a Ottobre, poi entrambi a Milano.
Alla magistrale, prima ancora che iniziassi mi aveva spiegato quali esami dare assolutamente e quali evitare se possibile. I suoi consigli li ho  tenuti a mente, anche quando ormai non parlavamo da mesi.
Per cui no, non è una coincidenza che io mi trovi nella sua  identica situazione di un anno fa, mi ricordavo benissimo quali esami avesse nel piano di studi e in che ordine avesse intenzione di darli ed io, ancora dopo un anno e mezzo, tengo a mente queste informazioni come se fossero una sorta di bussola.
Lui da solo aveva costruito per me una roccaforte in cui mi sono riparata e mi aveva fornito le istruzioni per vivere.
 Potrebbe sembrare la storia d’amore più bella mai esistita, del resto, lui talmente tanto dolce, anche più di me, come si potrebbe pensare altrimenti?
L’avevo capito che c’era qualcosa che non andava, avevo la sensazione ci fossero degli aspetti molto tossici e preoccupanti per la mia persona perché ad un certo punto non ero in grado di fare niente senza che lui mi spiegasse come e  il mondo esterno aveva smesso di esistere, c’era solo lui. Non mi interessava vedere nessun altro, non ne avevo bisogno e non ero in grado di rinunciare a lui neanche per una sera, non importava che non uscissi con i miei amici da mesi.
Nessuno dei due l’aveva fatto a posta, non ce ne eravamo accorti e nonostante non ci siano più i sentimenti, ormai da tempo, ancora non ci siamo liberati completamente della dipendenza che ci teneva attaccati.
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in-cammino-blog · 3 months
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Roccaforte Ligure: Pieve straordinariamente bella al tramonto
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pettirosso1959 · 4 months
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Se Cristo s'è fermato ad Eboli, a Padova c'è morto.
Padova, la città della Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto, e che ora è diventata l'ultima roccaforte comunista in Veneto.
A Padova, Gesù non c'è più.
E' stato sostituito da Cucù.
Così è stato deciso dal "concilio" delle streghe.
Vale a dire delle insegnanti di una locale scuola elementare, precisamente ad Agna, la Edmondo De Amicis.
E così, nella recita di Natale dei bambini, Gesù non c'è più.
E manco San Giuseppe e la Madonna, gli angeli e compagnia bella.
C'è Cucù, nei canti e nelle poesie.
Un personaggio di fantasia ideato per NON OFFENDERE i bambini musulmani presenti nella scuola (e il loro tolleranti genitori, direi, soprattutto, perché i bambini sono bambini e non si offendono per queste cose, si offendono solo se li tratti una merda).
Ma che bello.
Cucù, è morto Gesù, adesso ci sto io.
Persino a me, che ormai guardo i preti come Peter gli Zombi in Dawn of the Dead, persino a me che, più mi avvicino alla fine e più i precetti religiosi mi suscitano dubbi orribili e paure indescrivibili, persino a me, sempre ormai più agnostico e sfiduciato, questo Gesù inizia a fare una pena sempre più insopportabile e non tanto e non solo per il supplizio della Croce.
Ma per come è stato abbandonato, di nuovo, e tradito dalla Sua stessa Chiesa, dai Suoi stessi credenti, che non hanno più il coraggio di difenderlo e lo abiurano ormai, massa di vigliacchi e venduti.
Cucù, Gesù non c'è quaggiù, così il marocchino non s'offende più.
Ma io, così agnostico ormai da essere quasi ateo, sono nato Cristiano.
Ho ricevuto i sacramenti, conosco il Vangelo, ho nutrito e nutro ancora profonda ammirazione per quell'uomo, figlio di Dio o NON figlio di Dio.
E so benissimo di un Gesù misericordioso ma anche umano, molto umano e pure incazzoso.
Gesù che prende a calci i mercanti del Tempio, che gli urla contro.
E mi ci voglio immedesimare.
E allora mi immagino mentre prendo a calci in culo quelle fottute idiote, quelle STRONZE, cacciandole fuori dal portone della scuola.
E mi immagino mentre gli urlo in faccia i peggiori insulti, mamme e sorelle loro incluse nel pacchetto, le mamme, soprattutto, che l'hanno partorite, mettendo al mondo tali canaglie.
E mi immagino nel mentre prendo a calci, parimenti, qualsiasi stramaledetto straniero che abbia mezza parola da dire.
Ti offendi ? E allora vaffanculo al paese tuo.
Che se vengo in Algeria, in Libia, in Nigeria, in Pakistan, per i figli miei, Cristiani, di certo alle vostre tradizioni e usanze, soprattutto religiose, non rinunciate e se m'offendo mi pestate a sangue e mi schiaffate pure in carcere.
Mi immagino così, insomma, Angelo Vendicatore del Povero Gesù, un angelo dalla pedata e dalla parolaccia facile, che caccia i farisei dalle scuole italiane, e ci godo.
Un Angelo che urla :
" Viva Gesù, vaffanculo Tu, e Cucù" !
Giuseppe Sabatino.
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enkeynetwork · 6 months
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giancarlonicoli · 8 months
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19 ago 2023 19:11
“COME DICEVA MIO PADRE, ME DEVONO SOLO IMPARA’ A MORI’” – LE FRASI CELEBRI DI CARLETTO MAZZONE, MORTO OGGI A 86 ANNI: “LA TECNICA È IL PANE DEI RICCHI, LA TATTICA È IL PANE DEI POVERI” – LO STORICO LITIGIO CON VARRIALE “SONO SEMPRE STATO UN CANE SCIOLTO. AVANTI TUTTA, COME UN NAVIGATORE SOLITARIO. MAI AVUTO PADRINI, NÉ SPONSOR. MAI FATTO PARTE DI LOBBY DI POTENTI DIRIGENTI, MAI GODUTO DEL FAVORE DI GIORNALISTI CONDISCENDENTI O DI RACCOMANDAZIONI…” – L’INATTESA POPOLARITÀ SOCIAL GRAZIE AL NIPOTE ALESSIO - VIDEO -
Biografia di Carlo Mazzone
Da www.cinquantamila.it – la storia raccontata da Giorgio Dell’Arti
Carlo Mazzone, nato a Roma il 19 marzo 1937 (85 anni). Ex allenatore di calcio. Ha il record delle panchine in Serie A, 795 (strappato nel 2006 a Nereo Rocco, che era arrivato a 787). «Io sono come Trap, solo che i miei scudetti sono le salvezze».
Vita
Difensore, cresciuto nella giovanili della Roma, dopo una stagione con il Latina in Prima divisione tornò con i giallorossi ed esordì in Serie A il 31 maggio 1959 (Fiorentina-Roma 1-1). Due sole presenze con la Roma. Poi una stagione con la Spal e nove con l’Ascoli (219 partite e 11 gol)
• «È sbarcato il 17 ottobre 1960 a Ascoli da giovane calciatore. “Ero un ragazzo, mi chiamò il presidente della Roma, Anacleto Gianni. ‘Carlo devi andare a giocare a Ascoli, ti servirà per crescere, poi torni alla Roma’. Non sapevo neanche dov’era Ascoli. Attraversai Piazza del Popolo, rimasi colpito dalla sua bellezza e tra me e me dissi: Ao’, ma qui è bello come a Roma”» (Guido De Carolis)
• «La mia maestra è stata la sfortuna che ha mi troncato la carriera di calciatore dell’Ascoli facendomi fratturare la tibia e cambiare mestiere restando nel mondo che amavo. Il male fisico mi ha insegnato tanto, da uomo e da calciatore. Ma la mia fortuna fu Rozzi, il presidente bravo, serio, intelligente e buono che fermò la mia disperazione dicendo: “Carlo, non ti preoccupare, guarito o no starai sempre con me”, e mi dette la guida della squadra in Serie C, con piena responsabilità, “Fai tu”, e io feci C,B,A, che bella avventura, che soddisfazione...”» (a Italo Cucci)
• «Il suo mondo (anche oggi) è Ascoli, la stessa città di un altro grandissimo sanguigno allenatore, il professor Carlo Vittori, il mentore di Pietro Mennea. E infatti i due per un certo periodo lavorarono addirittura insieme nel calcio. Ad Ascoli e alla Fiorentina: Mazzone allenatore, Vittori preparatore. Il datore di lavoro di Mazzone è Costantino Rozzi, un costruttore rampante che va in panchina accanto a Mazzone, sobbalzando a ogni tiro, e con i calzini rossi perché portano fortuna.
L’Ascoli di quegli anni torna a essere una roccaforte medievale, Rozzi e Mazzone sono due signori feudali che comandano e hanno potere, e vincono, e stanno lassù dispettosi e spudorati tra i grandi. Ad Ascoli, con Mazzone e subito dopo, arriva gente come Anastasi, Brady, Bruno Giordano, Dirceu, Casagrande, Bierhoff. Mazzone è il signore di un’Italia sfacciata e ambiziosa che va da Ascoli a Catanzaro, da Bologna a Lecce, da Pescara a Cagliari, da Perugia a Brescia a Livorno. Un’Italia che testardamente pretende e ottiene la Serie A con lui» (Fabrizio Bocca)
• «Ha messo assieme soltanto due promozioni in Serie A (Ascoli 1974 e Lecce 1988) e una promozione in B (Ascoli 1972). La grande occasione arrivò nel triennio alla sua amatissima Roma, dal 1993 al 1996: ma era solo una Rometta (“M’avete dato una Formula 1, sì: ma con le ruote sgonfie”, disse poi) e il miglior risultato furono due quinti posti. Anche a Perugia, nel 2000, non vinse lo scudetto (come avrebbe potuto?) ma lo veicolò alla Lazio, paradossale per un ultrà romanista come lui, battendo la Juventus sotto il diluvio» (Francesco Zucchini)
• «Un uomo capace di unire e lasciare un bel ricordo in ognuna delle 12 squadre allenate in Italia. Un signore pulito, in un calcio spesso torbido. Un mago delle salvezze impossibili, un eccezionale scopritore di talenti.
Fu lui a lanciare un Francesco Totti appena sedicenne nella Roma, fu lui a spostare Andrea Pirlo davanti alla difesa, regalandogli poi una straordinaria carriera. Fu lui a recuperare Roberto Baggio, a donargli gli ultimi eccezionali anni di calcio. Un allenatore amato dai più grandi, anche dal miglior tecnico del mondo, Pep Guardiola che mentre vinceva tutto il possibile con il Barcellona, non si è mai dimenticato di invitarlo.
Mazzone era a casa, pochi giorni prima della finale di Champions 2009 tra Barça e Manchester United. “Nonno, corri c’è Guardiola al telefono – mi dice mio nipote –. Chi è? Chiedo. ‘Mister, sono Pep’. Sì e io Garibaldi. E invece era lui che mi invitava alla finale a Roma”, raccontò anni fa Mazzone. Quello di Guardiola erano affetto e riconoscenza per gli anni insieme a Brescia» (Guido De Carolis)
• «Nel 2001 il destino di Mazzone incrociò quello di un giovane Pirlo. Succedeva a Brescia, tappa intermedia di una carriera ancora incellophanata, cinque mesi di parentesi tra le incomprensioni all’Inter e l’esplosione al Milan. Pirlo passa al Brescia alla fine del mercato di gennaio, Mazzone ricorda: “Lo arretrai e lo piazzai davanti alla difesa, gli spalancai un mondo nuovo. Era il suo ruolo, era lì che doveva giocare. Prima era un trequartista come tanti, diventò il regista più forte del mondo. Ma non per merito mio, eh”» (Furio Zara)
• È passata alla storia la sua corsa sotto il settore occupato dai tifosi dell’Atalanta, dopo il 3-3 del Brescia, il 30 settembre 2001. «E chi se lo scorda quel derby, poi proprio io che certe sfide ne ho affrontate tante, a Roma e non solo. E quel giorno nun me lo dimentico, magari ve sembro rimbambito ma nella mia capoccia ce sta’ tutto...
Noi andammo in vantaggio con Baggio, forse festeggiammo troppo e infatti l’Atalanta ce ribaltò e se portò sul 3-1. In campo era una battaglia, ma me dava più fastidio sentire già a fine primo tempo dalla curva dei bergamaschi i cori beceri che mi trafissero er core: “Carletto Mazzone romano de merda, Carletto Mazzone figlio di puttana” e altro ancora. Non lo accettai, soprattutto pensando alla mia povera mamma che mi era morta giovanissima fra le braccia.
Me venne il sangue agli occhi perché non era solo un’offesa nei miei confronti, si volevano colpire i miei affetti. Dissi al mio vice Menichini: “Nun ce sto, nun ce vedo più, me stanno a fa’ impazzì de rabbia. Mo’ vado e li meno... Andai dal quarto uomo e gli dissi: “Stamme bene a senti’, tu devi scrive’ tutto sul tuo taccuino, perché mo t’avviso che sto fori de testa. Se pareggiamo scrivi tutto.
Proprio in quel momento Baggio segnò il 2 a 3 e già lì fu difficile sta’ zitto. Mi rivolsi alla curva dell’Atalanta e mi scappo una frase: “E mo se famo il 3 a 3 vengo sotto lì da voi…”. Me l’aspettavo, me stavo già preparando. Al gol del 3-3 cominciai a correre verso quella curva con il pugno chiuso, più correvo e più urlavo “Mo arivo, mo arivo…”. Il mio vice Menichini provò a fermarmi ma ormai nun ce stavo più colla capoccia, avevano toccano i miei sentimenti più cari.
Mi trovai davanti alla rete, fu allora che capii e mi fermai. Poi andai da Collina e gli dissi: “Buttame fori, me lo merito. Però sui giornali mi trattarono come un vecchio rimbambito, e io col sorriso dissi che era tutta colpa del mio fratello gemello. E pure de Baggio che aveva fatto tre gol» (a Giulio Mola). Per quella corsa fu squalificato per cinque partite
 • «Io ho sempre fatto un calcio che chiamo “di conseguenza”. Mi spiego: il grande cuoco dà il meglio di sé preparando il grande piatto con quello che ha. Se avevo gente che sapeva giocare, giocavamo. Se avevo gente di corsa, si correva... Non puoi fare il 4-4-2 a prescindere se non hai gli esterni d’attacco. Ma poi quelli che inventano il calcio sono altri...» (a Tuttosport)
• Ha interpretato sé stesso nel film L’allenatore nel Pallone 2 (regia di Sergio Martino, 2008). con Lino Banfi
• Nel 2019 l’Ascoli gli ha intitolato la Tribuna Est dello stadio Del Duca
• Sposato dal 7 luglio del 1963 con Maria Pia. «Una donna sempre allegra da cui ha avuto Sabrina e Massimo, il figlio che l’accompagnava ovunque in giro per l’Italia: da Lecce a Brescia, passando per gli anni alla Roma e fino all’ultima tappa al Livorno nel 2006. Poi Carlo è diventato nonno con i nipoti Vanessa, Alessio (di fatto il suo social media manager) e Iole. Infine Cristian, l’ultimo arrivato che l’ha reso bisnonno» (Guido De Carolis). Mazzone e la moglie vivono ad Ascoli, nel quartiere Monteverde.
Processi
Dal 1975 al 1978 sulla panchina della Fiorentina, è finito tra gli indagati per la morte del calciatore Bruno Beatrice, avvenuta nel 1987, a soli 39 anni, per una leucemia che secondo una perizia disposta dal pm potrebbe essere stata causata da una terapia con raggi Roentgen fatta al giocatore nel 1976 per curare una pubalgia (accusa: omicidio preterintenzionale).
Difesa di Mazzone: «Arrivai a Firenze che avevo solo 38 anni, ero un tecnico emergente che i raggi Roentgen non sapeva neppure cosa fossero. Solo 20 anni fa ne ho conosciuta l’esistenza. Non ho mai interferito con le scelte dello staff medico, se lo avessi fatto non sarei stato un buon allenatore, a Coverciano ci insegnano la tattica non la medicina». Nel gennaio del 2009 la procura di Firenze ha archiviato il caso, caduto in prescrizione.
Soprannomi
«Alla vigilia di una difficile sfida contro la Juventus, il giornalista romano Alberto Marchesi, suo amico, inviato del Corriere dello Sport, va in Calabria a osservare gli allenamenti del Catanzaro. Al termine della seduta va da Mazzone e gli dice: “Ma sai che siete proprio bravi. Secondo me con la Juve potete pure vincere”. Carletto si illumina e parte la battuta: “Magara!”. “Magara – spiegherà poi – in romano significa ‘magari’, ma un ‘magari’ che dici di fronte ad una prospettiva davvero bella”. Tornato a Roma, Marchesi scrive l’articolo per il Corriere dello Sport, e fin dalle prime righe chiama l’amico Mazzone “Er Magara”. Il Catanzaro bloccherà sullo 0-0 la Juventus e quel soprannome da quel momento in poi accompagnerà Mazzone per il resto della carriera» (Paolo Camedda).
Frasi
«La tecnica è il pane dei ricchi, la tattica è il pane dei poveri»
• «Come diceva mio padre, me devono solo impara’ a mori’»
• «L’angoscia, lo stress, quelli li conosco solo io»
• «“Amede’, quante partite hai fatto?”. “350, mister”. “E quanti gol?”. “Quattro, mister”. “E allora ’ndo cazzo vai”» (al terzino della Roma Amedeo Carboni, che aveva la tendenza ad avanzare troppo)
• «Battere la Roma? È mio dovere provarci. Ma è come uccidere la propria madre»
• «Guardi, uno che ha fatto Ascoli-Sambenedettese credo che, sul piano dell’intensità emozionale, abbia provato tutto» (a proposito del derby di Roma)
• «Sono sempre stato un cane sciolto. Avanti tutta, come un navigatore solitario. Mai avuto padrini, né sponsor. Mai fatto parte di lobby di potenti dirigenti, mai goduto del favore di giornalisti condiscendenti o di raccomandazioni» (in uno storico litigio in diretta tv con Enrico Varriale).
Social
Inattesa popolarità sui social network grazie al nipote Alessio che dal 2021 gestisce i profili Instagram, Facebook e Twitter del nonno. «Ha festeggiato gli 84 anni postando una foto davanti a un cabaret di zeppole alla crema, il dolce per la festa del papà. Il web è impazzito. L’immagine, come usa dire, è diventata virale.
Sor Carletto si è commosso: “Grazie a tutti per gli auguri, grazie per esserci sempre anche a distanza di tanti anni! Il bello di questa pagina è sentire il vostro affetto nei miei confronti! Non smetterò mai di ringraziarvi! Grazie. Vi voglio bene”» (Guido De Carolis).
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madiwritesshifters · 1 year
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katsbookcornerreads · 2 years
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bookjunkiez · 3 years
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Dark Moon Falls Blitz
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jerisbookattic · 3 years
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Dark Moon Falls Vol 3
Dark Moon Falls Vol 3
Title: Dark Moon Falls: Volume 3 Authors: Bella Roccaforte, A.K. Michaels, S.J. Pierce, Robbie Cox, Elaine Barris, Skye Jones, Tami Lund, Susan Griscom, Cora A. Murray, Scarlet Le Clair, Christina Escue and Monica La Porta  Genre: Paranormal Romance Release Date: April 20, 2021   Dive into the romance and come to Dark Moon Falls.High in the mountains of the Pacific Northwest, the sleepy town of…
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geniuslooci · 3 years
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Semifonte. Storia di una collina maledetta.
“Se la gente ch’al mondo più traligna non fosse stata a Cesare noverca, ma come madre a suo figlio benigna, tal fatto è fiorentino e cambia e merca, che si sarebbe vòlto a Simifonti, là dove andava l’avolo a la cerca”
Paradiso, canto XVI
Girando per le colline della Toscana è impossibile non imbattersi in strane presenze, sparuti ricordi di pietra. Li trovi a lato della strada, oppure a confine dei campi, magari all’ombra di qualche vecchio cipresso spettinato. Logori di muffa sulle pareti scrostate,  sono come fotografie del tempo. Il tempo che si manifesta e si fa sostanza. I giapponesi hanno un termine esatto per definire questa dimensione dell’anima: “wabi sabi”.
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Sono spettri, fantasmi del paesaggio. Sono lì sembrerebbe da sempre, e restano come testimonianza evanescente di fatti che hanno disegnato il paesaggio così come lo vediamo. Sono tabernacoli, torri diroccate, vecchi mulini in abbandono, cappelle votive. Residuati architettonici di un qualcosa che un tempo fu grande, oppure piccole isole di devozione, ripari per viandanti sperduti sulle mulattiere solitarie.
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Uno di questi fantasmi si trova sulla sommità di una collina tra Firenze e Siena. Solitaria ed imponente, un poco nascosta sotto l’ombra di qualche cipresso, riposa la cappella di San Michele Arcangelo. Intorno solo -bellissimi- campi, qualche stradina, e nessun’altra traccia di manufatto.
Sorge spontanea la domanda: cosa diavolo ci fa una cappella che sembra la copia in miniatura della cupola del Brunelleschi in mezzo al bel niente?
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Fu nel 1594 che messer Giovan Battista di Neri Capponi decise di infrangere un divieto secolare e costruire questa cappella proprio nel centro della scomparsa città di Semifonte.
Ancora un passo indietro. 
Siamo nel 1177 e La Repubblica di Firenze è un libero Comune molto potente. Tanto potente che lo stesso imperatore Federico Barbarossa, ormai agro della baldanzosa Firenze, chiede al fido scagnozzo Alberto IV degli Alberti, quelli che avrebbero fondato Prato -per intenderci-, di rafforzare la cintura di castelli e rocche intorno alla spocchiosa città del Giglio per tenerla a bada.
�� così che nasce Semifonte e si aggiunge ai castelli di Pogna,  Certaldo, Castelfiorentino e via dicendo. Ma Semifonte in breve tempo diventa una città vera, forte, autonoma e arrogante almeno quanto la vicina Firenze.
 Nel 1182, cinque anni dopo, Firenze dichiara guerra a Semifonte e ottiene subito i primi risultati: gli abitanti di Pogna,  il vicino castello che forniva uomini e materie prime per la costruzione del borgo nascente, fecero solenne promessa di abbandonare ogni progetto e di non costruire più niente nella zona di Semifonte. Diplomazia.
Tempo un paio d’anni per far calmare  le acque, ed ecco che gli Alberti riprendono la costruzione della roccaforte, che continua a crescere sempre di più. Le sporadiche nuove minacce da parte di Firenze non spaventano gli abitanti di Semifonte, che le prendono anzi decisamente sottogamba. 
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Cresceva in fretta non solo la città, ma anche il suo orgoglio, tanto che la gente di Semifonte si prese il gusto di andare fin sotto le mura fiorentine per canzonarli: “Firenze fatti in là, che Semifonte si fa città”.
Firenze non la prese molto bene: nel 1198 mosse guerra contro la città ribelle. Il tempo di conquistare i castelli nei dintorni per completare lo scacchiere e nel 1202 Semifonte venne… totalmente ed irreversibilmente rasa al suolo.
Ogni singola pietra di quella città – che tanto aveva osato – fu portata via, per sempre. Gli abitanti sfollati, molti dei quali presero rifugio nella vicina Certaldo.
Siamo nel 1202 e, per ordine della Repubblica di Firenze, venne redatto il divieto assoluto di costruire  qualsiasi tipo di edificio su quella maledetta collina.
È chiaro, dietro questa distruzione scientifica stanno ben altre motivazioni: il controllo politico della Valdelsa e della vicina Via Francigena (che al tempo era una vera e propria miniera d’oro), e una serie di intrallazzi che vedevano imperatori, papi, comuni, abbazie e signorotti dell’aristocrazia contadina, allearsi e tradirsi a seconda del cambiare del vento, come era d’uso nel Medioevo.
L’editto fu rispettato sempre alla lettera fino a quando, nel 1594, tale messer Giovan Battista di Neri Capponi, fiorentino illustre, canonico di Santa Maria del Fiore nonché proprietario della villa di Petrognano – il borgo fuori le mura di Semifonte che si salvò miracolosamente dalla collera fiorentina – riuscì a strappare una delega all’allora Granduca Ferdinando I de’ Medici, e su progetto nientepopodimeno che di Santi di Tito fece erigere la cappella di San Michele Arcangelo, la cui cupola riproduce la sorella maggiore di Firenze, solo otto volte più piccola (e forse meno aggraziata? ndr).
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Percorrendo il dorso della collina sulla bella strada che porta a questo posto magico, si capisce bene il motivo per cui il Granduca concesse una tale deroga: la piccola cupola che svetta dalle creste dei cipressi e si staglia sul cielo toscano è il simbolo stesso della potenza fiorentina,  impiantato su queste colline deliziose per sempre, a ricordare al mondo la fine che fece chi osò sfidare Firenze.
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istanbulperitaliani · 4 years
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I legami tra la Turchia e l’Italia.
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Una faccia una razza é un vecchio detto popolare che é stato usato anche nel film - premio Oscar - Mediterraneo di Gabriele Salvatores (1991) per indicare le radici in comune che intercorrono tra i popoli del Mar Mediteranneo.
E’ naturale quindi che tra la Turchia, in questo caso tra la millenaria storia di Istanbul, e molte delle realtà presenti oggi in Italia esistono dei profondi legami.
Iniziamo questo viaggio segnalandovi le numerose chiese di rito bizantino localizzabili soprattutto nell‘Italia meridionale e che risalgono all’epoca in cui questi territori appartenevano all’Impero Bizantino.
Tra le tantissime chiese vi segnalo la graziosa Cattolica di Stilo (foto in alto) in Calabria che faceva parte di un complesso di oltre 300 monasteri bizantini situati tra Stilo e la provincia di Catanzaro.
A partire dal VI secolo i monaci di San Basilio provenienti dall’odierna Turchia e che aumentarono di numero con il tempo, costruirono numerosi edifici religiosi e tra questi l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, in provincia di Roma, fondata nel 1004 cinquanta anni prima dello Scisma tra cattolici e ortodossi.
Naturalmente anche i capolavori dei mosaici bizantini presenti nell’antica Basilica di San Vitale a Ravenna meritano assolutamente una vostra visita, ricordandovi che questo edificio venne costruito sul modello della Chiesa dei santi Sergio e Bacco oggi la moschea della Piccola Santa Sofia ad Istanbul.
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L’antico flusso migratorio che vi ho accennato prima e proveniente dall’attuale Turchia, non riguardava solo gli ecclesiastici ma anche la popolazione civile che in molti casi é riuscita a mantenere intatte fino ai giorni nostri le proprie peculiarità etniche, linguistiche, culturali e religiose.
Nelle comunità ellenofona in provincia di Reggio Calabria (Bagaladi, Bova, Bova Marina, Brancaleone, Condofuri, Melito Porto Salvo, Palizzi, Roccaforte del Greco, Roghudi, San Lorenzo e Staiti) e in Puglia in provincia di Lecce (Calimera, Carpignano Salentino, Castrignano de’ Greci, Corigliano d’Otranto, Cutrofiano, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollinodove) si parla un dialetto simile al greco detto grecanico, e alcune di esse hanno ricevuto qualche anno fa, visto che adottano il rito cristiano-ortodosso, la visita di Sua Santità l’Arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma e Patriarca Ecumenico Bartolomeo.
Alla comunità ellenofona dobbiamo aggiungere anche quelle arbereshe (arbëreshë) che discendono dagli albanesi che si stabilirono in Italia tra il XV e il XVIII sec. al seguito della caduta dell’Impero Bizantino (1453) e dell’avanzata dell’Impero Ottomano nei balcani.
Questa comunità appresenta una delle più importanti minoranze etno-linguistiche italiane. La più grande si trova a Piana degli Albanesi in provincia di Palermo in Sicilia.
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Foto realizzata da Manfredi Caracausi durante le celebrazioni pasquali con abiti tradizionali albanesi.
E a proposito della Sicilia dobbiamo citare il Duomo di Monreale, altro esempio di arte bizantina in Italia.
Vi invito a visitare i Comuni ellenofoni e i Comuni dell’Arberia durante i loro eventi tradizionali se volete assaporare il fascino di una storia antica che in qualche modo é partita da dove vi scrivo.
Proseguo con il citarvi la quadriga in bronzo sulla Chiesa di San Marco a Venezia che proviene dall’antico Ippodromo di Costantinopoli; la stessa chiesa di San Marco é identica a quella dei Santi Apostoli di Costantinopoli e il tesoro di San Marco ospita preziosi provenienti dall’antica capitale bizantina. Come non dimenticare il gruppo scultoreo dei tetrarchi un tempo a Costantinopoli e trafugato durante la Quarta Crociata del 1204. Oggi un piccolo pezzo é esposto nel museo archeologico di Istanbul.
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La Turchia é la culla del cristianesimo
La Turchia ha ospitato le prime comunità cristiane (Tarso, Laodicea, Pergamo, Efeso, Antiochia per citarne qualcuna), vicino alle rovine di Efeso si trova “la casa di Maria” il luogo dove la madre del Cristo ha vissuto fino alla sua morte; l’Io credo che i cristiani professano durante la messa é nato dai concili di Nicea (Iznik) e di Costantinopoli (Istanbul); il quarto concilio, quello che definisce la natura umana e divina di Cristo, si svolse a Kadıköy (quartiere asiatico di Istanbul) dove sorge la Chiesa di Santa Eufemia.
Le tante reliquie dei santi che oggi vengono venerate in Italia e in Europa un tempo erano custodite nelle chiese di Istanbul, moltissime trafugate durante il saccheggio di Costantinopoli della Quarta Crociata del 1204. Tra le tante ricordiamo le reliquie di Sant’Andrea - il patrono del Patriarcato di Costantinopoli - che si trovano nel magnifico Duomo di Amalfi, città dove il primo settembre si festeggia, con una bella rievocazione storica, il capodanno bizantino!
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Ma non esistono eventi festivi legati alla gloriosa epoca bizantina. Una particolare festa si svolge a Moena, in Trentino, dove c’é il rione Turchia e la gente indossa costumi ottomani in una sorta di Carnevale in stile turco; nelle rievocazioni storiche di Tollo e di Villamagna i protagonisti sono sempre dei turchi. Un uomo vestito con turbante e scimitarra interpreta “il turco” nella Festa dei Gigli di Nola.
Ad Istanbul ho trovato in una chiesa armena un simbolo quaresimale cristiano che serve a scandire i giorni fino a Pasqua simile alle bambole quaresimali usate nelle regioni del sud Italia.
Sapete che il significato di “mettere le corna” viene dalle imprese poco onorevoli dell’imperatore bizantino Andronico I?
Citiamo anche il razzismo o meglio l’Anti-turchismo o la Turcofobia, emblematica la frase “mamma li turchi” risalenti alle incursioni dei pirati turchi sulle coste italiane che hanno ispirato canzoni, poesie, detti popolari, dato nomi a luoghi geografici come la “scala dei turchi” in Sicilia o che sono all’origine di curiosi episodi, come quello della Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli di Agropoli (Salerno), costruita dopo il rinvenimento in mare della statua della Madonna che i pirati turchi avevano trafugato, per poi abbandonarlo lungo il tragitto verso Costantinopoli: l’odierna Istanbul. Sempre in Sicilia abbiamo la Testa di turco di Scicli: è un bignè, grande almeno il triplo di un bignè normale, ripieno di crema o di ricotta. Il dolce nasce nella città di Scicli, nel Ragusano. Le teste di turco sono legate all’antica vittoria dei siciliani sui saraceni nel 1091 ad opera di Ruggero d’Altavilla. La sua forma ricorda un Turbante. Tutto é collegabile all’uso, a partire dal 1500, nella lingua italiana del termine “turco” per indicare qualcosa proveniente da un paese lontano come il “granoturco”.  
“La Turchia non é mai stata Europa storicamente”. Strano. E pensare che Costantinopoli dal 330 d.C. é stata la capitale dell’Impero Romano. La stessa città venne ribatezzata da Costantino come Nuova Roma!
Nota: I lettori più attenti noteranno sicuramente alcune omissioni ma l’argomento é talmente vasto da inserire in un semplice post di un blog che vi invito a svolgere degli ulteriori approfondimenti e, se volete, anche a segnalarmeli. In ogni caso continuo ad aggiornarlo.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città. Scrivi una e-mail a: [email protected] Seguici anche su www.facebook.com/istanbulperitaliani
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tamilundauthor · 5 years
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My Latest Project!!
I am so excited to announce my latest project: The Dark Moon Falls Series!
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High in the mountains of the Pacific Northwest, the sleepy town of Dark Moon Falls has secrets …
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emandmbooks · 6 years
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Moon Crossed: Complete First Season by @BellaRoccaforte - Book Tour
Moon Crossed: Complete First Seasonby Bella RoccaforteSeries: Crescent Hunter, #1Genre: ParanormalRelease Date: April 17, 2018 Read more » http://www.emandmbooks.com/2018/08/moon-crossed-complete-first-season-by.html?utm_source=dlvr.it&utm_medium=tumblr
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weirdesplinder · 3 years
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Terry Brooks
Dopo averlo nominato nel post dedicato al Festivaletteratura di Mantova, tra gli ospiti storici più famosi, oggi ho finalmente deciso di parlarvi più approfonditamente di uno degli autori che ho più amato in gioventù, Terry Brooks, padre del Ciclo di Shannara, una delle saghe fantasy più vendute e ripubblicate al mondo.
Iniziamo col dire che, secondo me, se avete amato Il Signore degli anelli, e apprezzate i fantasy di stampo piuttosto classico, dove degli eroi improbabili, che partono come donne o uomini comuni, poi si ritrovano sulle spalle una missione per savare il loro mondo, stile Frodo, allora la saga di Shannara fa decisamente per voi.
Lo stile con cui è scritta è naturalmente molto più semplice di quello di Tolkien, le varie storie più scorrevoli, ma comunque molto ricche di dettagli e di molti personaggi. E al centro della trama c’è sempre la dicotomia Bene contro Un Male che torna sempre, sotto varie forme, e va sempre sconfitto da nuovi eroi.
Se invece amate i fantasy contemporanei, che virano spesso verso il genere YA e hanno trame più semplici e scarne e anche molto diverse dal classico, allora non so se Terry Brooks fa per voi, ma giudicate voi dopo aver letto la mia presentazione.
Il cuore del ciclo di Shannara, i libri da cui tutto è iniziato, formano la trilogia originale di questa saga e sono:
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1- La Spada di Shannara
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Trama: Il villaggio di valle d'Ombra è sempre vissuto in pace, ma ora anche su di esso grava una terribile minaccia. Il Signore degli Inganni, che molti ritenevano morto da secoli, è di nuovo all'opera. Solo un meraviglioso talismano, la spada di Shannara, può riuscire a sconfiggerlo per sempre, ma la mitica arma può essere ritrovata ed impugnata solo da un discendente di antichi re. È forse questo il destino del giovane trovatello Shea? Sarà l’ultimo druido Allanon a reclutarlo per cercare di proteggere il mondo dal ritorno del druido Brona, noto anche come Il Signore degli Inganni.
2- Le Pietre Magiche di Shannara
Trama: Ad Arborlon, la mitica capitale del regno degli Elfi, la popolazione sta per essere investita da uno spaventoso cataclisma. L'Eterea, la pianta magica che protegge tutto l'antico popolo dalle forze del male, sta soccombendo sotto un magico attacco. Da ogni parte stanno per irrompere mostri delle tenebre e demoni spaventosi. Solo il giovane Lauren, alla testa di un pugno di eroi, troverà il coraggio di opporsi alle forze del male.
3- La Canzone di Shannara
Trama: I popoli delle Quattro Terre sono ancora una volta in pericolo. Su di loro incombono le oscure e terribili maledizioni tramandate dall’Ildatch, il libro della magia nera. C’è solo una speranza: la “magia fatta di parole” custodita da Brin Ohmsford, la figlia di Wil. Il Druido Allanon, protettore delle Razze, ha bisogno del suo aiuto per ingaggiare questo nuovo combattimento contro il Male. E contro un’antica profezia di sventura che promette per Brin un destino ben peggiore della morte…
Di questa trilogia io in particolare vi consiglio il terzo libro, la Canzone di Shannara, quello che personalmente mi è piaciuto di più, di cui ho amato di più i personaggi. Poichè ho trovato invece la Spada di Shannara fin troppo classica come trama e ho trovato antipatico Will il protagonista del secondo libro.
Dalla trame credo abbiate già afferrato le somiglianze tra alcuni punti delle trame di Terry Brooks e Il Signore degli anelli, ad esempio, la figura del druido che guida l’eroe verso il suo destino, non può non ricordare Gandalf il mago...
Ma è certamente col la quadrilogia seguito del CIclo principale che le somiglianze aumentano ancora.
La quadrilogia seguito del ciclo principale di Shannara si intitola Il ciclo degli eredi di Shannara ed è direttamente collegata ad esso anche se è ambientata tre secoli dopo la fine delle avventure di Brin e Jair.
Nel corso del tempo la Federazione minaccia di conquistare il mondo, ma in pochi sanno che alle sue spalle si cela la tenebrosa magia degli Ombrati, responsabili fra l’altro anche della scomparsa degli elfi. Qui conosciamo i discendenti di Shea Ohmsford: Par e Coll Ohmsford, Walker Boh e Wren Ohmsford. L’ombra di Allanon affida a ciascuno un compito: Par e Coll dovranno cercare la Spada di Shannara e tentare di scoprire la verità sugli Ombrati, Walker Boh dovrà ritrovare la perduta Paranor e riportare in vita l’ordine dei druidi, mentre Wren si dovrà mettere alla ricerca degli elfi scomparsi.
Come potete vedere quindi abbiamo una compagnia di novelli eroi con delle missioni singole, che in teoria poi dovranno poi riunirsi per combattere un unico potente nemico. Vi ricorda forse un’altra Compagnia?Questa quadrilogia la consiglio in toto, non solo mi è piaciuta tutta, ma è anche impossibile non leggere tutti i libri che la foramno, poichè sono tutti collegati, avvengono temporalmente in contemporanea e insieme formano un’unica grande trama.
La quadrilogia è formata dai libri:
1- Gli Eredi di Shannara
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Trama: A trecento anni dalla morte di Allanon, il leggendario Druido protettore delle razze, le Quattro Terre sono teatro di tristi cambiamenti: gli Elfi sono scomparsi e i Nani ridotti in schiavitù, mentre le Terre del Sud sono cadute sotto il malvagio governo della Federazione, che ha rigorosamente bandito ogni forma di magia. Ma Par Ohmsford, discendente del mitico Shannara, ha conservato il potere della Canzone Magica, capace di trasformare la realtà; con il fratello Coll, continua a ridare vita alle antiche leggende, e, compiendo imprese impossibili, va alla ricerca della spada di Shannara.
2- Il Druido di Shannara
Trama: Per i quattro eredi di Shannara, riunitisi per liberare le quattro terre dal dominio degli Ombrati, non sono poche le prove che lo spettro del mitico Allanon impone loro di superare. E' infatti necessario restituire ai druidi la scomparsa roccaforte di Paranor, ma occorre anche ritrovare la magica Pietra Nera degli Elfi, attualmente in possesso di una creatura antichissima che sta lentamente pietrificando il mondo.
3- La Regina degli Elfi di Shannara
Trama: Tutte le terre e tutti i popoli sono destinati a perire, gli unici che possono impedirlo sono gli appartenenti al popolo degli Elfi, così recita una profezia. Nessuno però ha più visto un elfo da almeno un secolo e molti dubitano che siano mai esistiti. Solo una vecchia cieca sembra saperne ancora qualcosa, un antico segreto che viene rivelato solo alla bella Wren. Wren scopre così che qualcosa la lega indissolubilmente al mondo degli Elfi e, con pochi compagni, parte all'avventurosa ricerca di quell'antico popolo.
4- I Talismani di Shannara
Trama: tutti gli eredi del mitico Shannara hanno ormai superato le loro prove: la fortezza di Paranor è risorta, Walker Boh è diventato un druido, Wren è stata scelta come regina dagli Elfi e l’ardito Par ha ritrovato la leggendaria spada di Shannara. Il male continua però a minacciare le Quattro Terre, i malefici Ombrati spandono le loro venefiche esalazioni su città e campagne e il loro capo, Rimmer Dall, è pronto ad affrontare la sfida decisiva contro i nemici affidandosi alle sue armi migliori, l’astuzia e il tradimento. Solo il coraggio di un pugno di eroi e il potere di alcuni magici talismani può salvare le Quattro terre.
Terry Brooks oltre queste due serie principali, ha poi espanso il mondo di Shannara con una serie di prequel e sequel a questi libri.
I Sequel di Shannara
- Il viaggio della Jerle Shannara, trilogia con protagonista ancora Walker Boh, già conosciuto nella saga degli Eredi di Shannara, e composta dai libri: La Strega di Ilse, Il Labirinto e L’Ultima Magia;
- Il Druido Supremo di Shannara trilogia ambientata cronologicamente dopo Il viaggio della Jerle Shannara, con protagonista ancora un membro della famiglia Ohmsford e formata dai libri: Jarka Ruus,Tanequil e La Regina degli Straken;
- Gli Oscuri Segreti di Shannara, trilogia direttamente collegata alla precedente (Il druido supremo) con cui condivide dei personaggi e composta dai libri: I Guardiani di Faerie, Il Fuoco di Sangue e Lo Spettro della Strega;
- I Difensori di Shannara, trilogia con protagonista stavolta un discendente della famiglia Leah, famiglia da sempre amica della famiglia Ohmsford e composta dai libri: La Lama del Druido Supremo, Il Figlio dell’Oscurità e La Figlia dello Stregone.
I Prequel di Shannara
- Il ciclo del Demone (Saga del Verbo e del Vuoto), questa in realtà era nata come serie a sè stante che poi Terry Brooks ha collegato con quella di Shannara, ed è composta dai libri: Il Demone, Il Cavaliere del Verbo, Il Fuoco degli Angeli;
- Il ciclo de La genesi di Shannara, Prequel vero e proprio del ciclo di Shannara, qui vediamo come un mondo simile al nostro sia stato distrutto e abbia iniziato a diventare ciò che poi sarà il mondo di Shannara, ed è formato dai libri: I Figli di Armageddon, Gli Elfi di Cintra e L’Esercito dei Demoni;
- Il ciclo Le leggende di Shannara, duologia che continua a raccontare l’evoluzione del mondo di Shannara, ed è formato dai libri: L’Ultimo Cavaliere e Il Potere della Magia;
- II volume singolo Il Primo Re di Shannara, che presenta finalmente uno degli eroi antichi citati nel ciclo principale come antenato di Shea Ohmsford.
Quindi se vi innamorerete del mondo di Shannara sappiate che esistono molti altri libri da esplorare. Ora alcune precisazioni in merito a questa serie:
- proprio come ne IL Signore degli anelli, anche in Shannara l’amore romantico è poco rappresentato nelle trame dei suoi libri, c’è, viene nominato, magari ha anche un ruolo di rilievo ad un certo punto, ma è poco presente.
-non guardate il telefilm tratto dal secondo libro del ciclo principale di Shannara non rappresenta per niente questa serie.
Detto questo comunque Terry Brooks ha scritto anche altre serie oltre a Shannara, tra cui la più famosa è certamente il Ciclo di Landover, formato da 5 libri + 1 che però è un sequel molto recente e piuttosto staccato dal resto della serie:
1.Il magico regno di Landover
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2. L'unicorno nero
3. Mago a metà
4. La scatola magica di Landover
5. La sfida di Landover
6. La principessa di Landover
Trama: Un vero regno magico, con tanto di fate e maghi, in vendita a prezzo di liquidazione. All’avvocato Ben Holiday sembra un'occasione da non perdere ma, una volta effettuato l'acquisto, il povero Ben scoprirà fin troppo presto che sarebbe stato meglio pensarci due volte. Il regno è in rovina, i baroni sono in rivolta ed un terribile drago distrugge ogni cosa. Cosa potrà fare l'improvvisato eroe?                    
Questa serie è molto diversa da quella di Shannara, nasce come una presa in giro dei temi fantasy classici e dei personaggi fantasy classici, quindi va letta con un certo stato d’animo. Se prendete troppo sul serio il fantasy non fa per voi, e se non conoscete molto il genere fantasy allo stesso modo forse non fa per voi perchè non cogierete in pieno tutti i rimandi dell’autore ai classici fantasy anni 80′. compresi i suoi.
Se però un’infarinatura fantasy l’avete e siete in vena di trame assurde senza capo ne coda, potrebbe fare per voi.
Qui chiudo questo lunghissimo post, sperando di esservi stata utile e magari di avervi fatto conoscere unnuovo autore. Se invece siete già fan di Terry Brooks fatemi sapere i vostri libri preferiti tra le sue serie. Il mio credo sia La canzone di Shannara.
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cdgorri · 2 years
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